La pioggia scendeva a fiotti dalla grondaia, acqua e fango schizzavano sulla parete giallognola della casa. Amanda era in veranda, sventolava un ventaglio dondolandosi sulla sedia. Era arrivata la stagione delle piogge e lei non ci era più abituata. Tutta quell'acqua, tutto quel caldo. Era difficile riabituarsi a un clima simile.
Guardava l'orizzonte, i grandi eucalipto piegati, che sembravano piangere. Anche lei si sentiva un po' triste, ma certo non per gli stessi motivi degli eucalipto. Pensava ai figli che ormai venivano a trovarla sempre più raramente, a quella casa che per lei era diventata troppo grande.
E dire – pensò mentre osservava la formazione di fiumiciattoli nel piazzale fangoso – che per oltre dieci anni non aveva fatto altro che desiderarla, quella casa. Era riuscita a non deviare dal proposito di costruirla nonostante la lontananza dai figli, in un paese straniero di cui comprendeva male la lingua e i costumi. Si era alzata ogni mattina alle sei per preparare la colazione alla signora Adriana, aiutarla a lavarsi e vestirsi. L'aveva portata ogni giorno in corso Garibaldi per fare le sue spese, l'aveva aiutata a scegliere le verdure fresche perché la sua vista non era più quella di una volta. L'aveva tenuta a braccetto mentre camminava incerta per il corso chiedendole di fermarsi in quel bar per bere un po' d'acqua ché aveva la bocca secca. Si era svegliata spesso anche di notte, perché la signora aveva dolore e non riusciva a dormire senza i suoi medicamenti.
Aveva pensato tante volte al suo clima tropicale, alla sua San Paolo.
Le venne in mente quell'estate a San Vito, in Sicilia. Le piaceva il clima, là. Non come quello di Milano, dove viveva la signora Adriana. A San Vito c'era sempre il sole, e una brezza leggera che si insinuava nei vestiti. C'era il mare, l'acqua cristallina che mandava bagliori così luccicanti da costringerla a socchiudere gli occhi. I viali di bouganville viola, l'odore di fritto sprigionato dai ristoranti, la sera. E poi la spiaggia, lunga, bianca, su cui camminava al tramonto, a braccetto con la signora Adriana.
Si ricordò di un giorno, al mare; lei e la signora erano immerse nell'acqua fino alle ginocchia. Gli schiamazzi dei bambini venivano portati dal vento insieme all'odore di salsedine e gelsomino. C'era gente, quel pomeriggio, il mare era un tappeto di persone. La signora Adriana si stava rinfrescando passandosi la mano bagnata dietro la nuca e sulle spalle. Amanda era poco più avanti, distratta. Guardava l'orizzonte e pensava ai suoi figli lontani, alla vocetta squillante del più piccolo che la sera prima, per telefono, le aveva chiesto “Mamma, quando torni?”. Le onde le bagnavano le cosce, facendola rabbrividire un pochino. Poi, d'un tratto, aveva sentito l'acqua schizzarle sulla schiena e la voce della signora Adriana che squittiva come quella di una bambina. “Amanda, Amanda, ti sei incantata?” aveva urlato allegra, e Amanda si era voltata gettando la testa all'indietro, ridendo. “Ma no, signora Adriana,” aveva commentato, d'un tratto di buon umore, “guardavo l'orizzonte. È così bello...”
La verità è che pensava alla sua San Paolo.
Ma ora, la pioggia, proprio non riusciva a sopportarla.
Debora Giampani nasce a Lugano nel 1986. Si appassiona alla letteratura a nove anni con Tarzan delle scimmie, ma più in là scopre che sono soprattutto due i generi di storia che la affascinano: quelle normalissime o quelle surreali. È laureata in Lettere con una tesi sulle illusioni leopardiane nel Novecento. Ha lavorato come giornalista per diverse testate ticinesi ed è collaboratrice di Rete Due. Da qualche tempo ha scoperto che sott’acqua si pensa meglio e nel 2017 si è trasferita in Sicilia dove ha aperto un diving assieme al suo compagno.
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