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Carnet de voyage #6: Hong Kong

di Davide Stefanetti


Fotografia di Jonathan Leung




22 maggio 2023, ore 18.31

Causeway Bay



Seoul è immensa, piena di gente, di lusso e ostentazione, così come di angoli tranquilli e carichi di semplicità. A Seoul vedi grattacieli e montagne, rimani bloccato nel traffico e viaggi senza sosta sulla metropolitana, se hai fortuna puoi persino incontrare un signore che porta a spasso un pavone al mattino.

Ma Seoul non ti prepara affatto ad affrontare Hong Kong. Qui è letteralmente una giungla. Il caldo è torrido, l’umidità asfissiante e la vegetazione rigogliosa e lussureggiante. Non esiste un attimo di tregua, non ci si può rilassare, mai.

Anche a passeggio in un parco si percepisce chiaramente l’energia vibrante di 8 milioni di persone incastrate l’una sopra l’altra su di un fazzoletto di terra subtropicale.

Chiunque è indaffarato in qualcosa, che sia uccidere un pollo in un wet market o spendere migliaia di dollari per una borsa in una boutique alla quale non oso neppure avvicinarmi, tutto è un incessante brulicare di attività. In questo clima anche il solo respirare vale come sforzo produttivo.



È difficile persino scorgere il cielo, che siano delle catapecchie o degli scintillanti grattacieli in vetro e acciaio, ogni cosa punta decisa verso l’alto. Per un turista come me, con il naso sempre rivolto all’insù, il torcicollo è assicurato tenendo anche conto della violenza dell’aria condizionata all’interno dei luoghi chiusi. All’aperto la sudorazione è abbondante, ma appena entrati in un negozio i vestiti ti si ghiacciano addosso, il naso ti si chiude e l’unico pensiero si rivolge al benessere delle proprie tonsille.


Tutto sembra rispecchiare questo trionfo di estremi: caldo tropicale e gelo polare, lusso sfrenato e vecchietti che spingono affaticati il loro carretto, sole accecante e nuvoloni carichi di pioggia che attraversano veloci il poco cielo disponibile.

Le gru punteggiano il paesaggio, l’edilizia è iperattiva e i grattacieli di lusso non smettono di spuntare. Nei quartieri popolari invece le impalcature sono composte da pali di bambù legati tra loro con fascette e nastro isolante. Gli operai si arrampicano agili, con l’immancabile sigaretta tra le labbra e instancabili lavorano lungo le infinite pareti verticali tappezzate da condizionatori d’aria e biancheria stesa ad asciugare tra l’umidità e i gas di scarico.

I ristoranti eleganti del centro lasciano spazio ai più tradizionali locali di dim sum e anatra arrostita, soppiantati a loro volta da fast food occidentali e ristoranti thai, soppiantati a loro volta dai food court dei centri commerciali, sostituiti da...credo che qui si possa facilmente impazzire ed è impossibile tracciare una linea precisa che unisca gli infiniti mondi e le inesauribili possibilità che animano questa stupenda confusione.

Sicuramente è l’inesauribile flusso di vita, che scorre a volte viscosa, a volte più fluida uno strato sopra l’altro a far sì che ci possa essere sempre un senso, anche quando al primo sguardo non si è stati in grado di trovarne subito uno.

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