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Carnet de voyage: #1 Berlino

di Davide Stefanetti


22 maggio 2022, ore 15.06


Le nubi lentamente stanno lasciando spazio all'azzurro del cielo ed a un sole particolarmente caldo.

Il vento non è calato e una tormenta di pollini, forse pioppo, tormenta il mio naso.

La birra non è nulla di che, ne ho bevute di migliori, ma il posto dove mi trovo, costruito con neri container è meritevole. Alla fine è solo un biergarten moderno, non credo potessi trovare un luogo ed un modo migliore di passare la domenica pomeriggio, una calma domenica pomeriggio.

Sul massiccio ponte in ferro i treni della S-Bahn procedono senza sosta alcuna, incessantemente inseguendosi l’uno dopo l’altro.

È praticamente impossibile capire se o quanto siano pieni, non mi importa, non voglio prenderli, oggi ho voglia di camminare.

Mi sento come calamitato verso gli spaziosi viali, che in questa domenica pomeriggio sono particolarmente tranquilli, privi di traffico. Evidentemente i berlinesi durante le festività sono pigri come tutti noi.

Altri treni e ancora molto polline, le nubi continuano a cambiare forma e non riesco a stimare quanto mi piaccia questa città.

Forse è il peso della Storia a condizionarmi, creando una sorta di timore reverenziale che alza in maniera totalmente insensata le mie aspettative.

Ieri, dopo il lungo viaggio che mi ha portato sin qui, ero decisamente stanco e ciò nonostante ho passato una serata divertente, circondato da sconosciuti pieni di vita, che mi hanno raccontato del loro lavoro nel settore informatico e dei social media, di cucina coreana o di quanto fosse facile avere una avventura galante in un classico weekend berlinese. Eppure mi sono sentito, e mi sento ancora, come se stessi osservando ogni cosa da distanza di sicurezza. Ho la percezione di essere al centro e di essere il centro del mondo, ma il mio punto di vista risulta esterno, come se provenisse da un'altra galassia.

La posizione spaziale del mio corpo e della mia mente al momento non sono allineate.

E ho dannatamente voglia di pizza, di una pizza squisita.

O più semplicemente mi sento ingannato, l'atmosfera è internazionale e tutti sono genuinamente amichevoli, ma qualcosa davvero non torna.

È come se i fantasmi del passato, seppur incolori e trasparenti, veglino ancora con una presa ferrea sulla città.

Nazisti e comunisti non hanno mai davvero mollato il colpo e credo che tutti ne siano consapevoli.

Il passato non può essere semplicemente cancellato con un colpo di spugna o con abilità guidando una ruspa o un altro mezzo da cantiere.

Qui a Berlino necessita forse di essere ancora elaborato, richiede ulteriore tempo.

L'unica cosa che davvero riesco a percepire è che mi trovo in una città che corre, che corre sempre più velocemente per fuggire dalla propria ingombrante eredità.

Corre a perdifiato senza voltarsi, noncurante di chi si sta lasciando indietro, senzatetto, immigrati, persone ai margini, corre incurante di chi viene lasciato alle sue spalle.

Spero di essere sufficientemente veloce, Berlino è rapida, dannatamente rapida.



***



22 maggio 2022, ore 22.29


Il locale è desolatamente vuoto, effettivamente è domenica sera, ha senso che non ci sia molta vita in giro.

La serata è iniziata bene, quattro chiacchiere nella stanza in ostello con Brasile e Messico a rivaleggiare per il gradino più alto del podio. Probabilmente sono un pessimo ambasciatore per l'Italia, non si è neppure classificata, ma sono stato felice di imparare qualcosa.

Ma ora è tutto nuovamente calmo, non tutti hanno il lunedì libero come me.

Nonostante io sia in viaggio, in esplorazione, per la maggior parte delle persone la vita prosegue normalmente, lavorano, si danno da fare in mille maniere, il mondo continua a girare su se stesso ed intorno al sole, che si muove in perfetto equilibrio all'interno della nostra galassia.

Sul pianeta terra la vita continua, si prova ad essere felici e, a qualche chilometro più ad est di qua, si spera di arrivare vivi a domani, o alla prossima settimana.

E nel frattempo la barista annoiata in un locale semidesertico dà una passata di straccio al bancone. I pochi uomini che oltre a me popolano l'ambiente non devono essere un chiaro incentivo alla gioia.

Ora spina una birra, pulisce di nuovo e diligentemente attende una nuova comanda.

Oggi ho avuto un assaggio di ciò che è stata questa città 40 o 50 anni fa, ai tempi che furono della DDR. Una visione edulcorata degna di un museo in centro città.

Ascolto del trip-hop, forse sono i Portishead, ne sono quasi sicuro ma non mi va di prendere il telefono e controllare, la tecnologia è faticosa e succhia troppe attenzioni.

Come un mantra sento ripetere “give me a reason”, la bionda cantante implora di ricevere un motivo, improvvisamente come uomo, come essere di sesso maschile mi sento in colpa.

So di per certo di essere parecchio distante dalla perfezione, ma quanto è grave il mio peccato?

Si è fatto tardi, forse è meglio rientrare e dormirci su almeno otto ore, domani incontrerò a Lipsia degli amici che non vedo da troppo, meglio lasciare che la notte porti consiglio, o che più semplicemente si prenda cura del mio riposo.

Accidenti, non ho trovato la pizza.



***

24 maggio 2022, ore 16.10


Cercare l'anima di Berlino o provare a dare un senso alla città è più arduo del previsto.

Non credo di esserci riuscito, in realtà un colossale punto interrogativo mi sovrasta.

Non ha nulla dello sfarzo moderno e scintillante con grattaceli e architettura mozzafiato che caratterizzano le metropoli oggigiorno.

Anzi, la bruttezza ereditata dall’edilizia ai tempi della DDR caratterizza ancora una porzione notevole della città.

Eppure ogni quartiere è in preda ad una gestazione continua di nuove costruzioni, una bulimia di vetro e cemento che riveste di efficienza energetica le brutture del passato.

E manca pure l'opulenza delle capitali storiche europee, la magnificenza dell'Unter den Linden è perfettamente bilanciata dalla sua anonima controparte, la Karl Marx Allee.

Anche la Sprea è indefinibile, non è disgustosa nell'aspetto come l'Arno a Firenze, ma neppure così invitante come il Reno in quel di Basilea.

Non c’è la file di imbarcazioni e chiatte come a Francoforte (Meno), non è così desolata come il Tevere a Roma.

La gioia di vivere bavarese, con l'apparente capacità di godersi ogni singolo secondo, qui sembra non essere mai giunta, nessuno sembra comunque rapito da un qualsiasi impellente impulso produttivo.

Anche i ciclisti, sfruttando la topografia pianeggiante, proseguono indifferenti lungo il loro tragitto. Senza sorridere o sudare. Ma sembra comunque un affare onesto, a parte quelle pubbliche, le biciclette elettriche qui sembrano bandite.

È l'universo del tutto e del nulla.

È perché sono troppo stanco, provinciale, vecchio ed ignorante per godermi il meglio della Berlino alternativa, trasgressiva e futuristica.

Ma non escludo che dietro a tutto questo ci sia una infinita capacità di marketing.

New York e il suo impareggiabile skyline, mai visitata Chicago?

Barcellona capitale del divertimento, mai fatto serata a Madrid?

Intanto la pioggia cade sopra gli ombrelloni di un biergarten nei pressi della S-Bahn, guardo le gocce cadere, i treni passare e penso che forse non sia poi così fondamentale capire Berlino.

Magari la città non ha ancora preso una direzione e trovato la propria strada. Immagino che possa funzionare, che vada bene così.

La cosa che più mi piace è di non aver capito ancora nulla.

Il tutto sembra essere un insieme di sogni, di vite attive e di vite passive, di uno sforzo individualista ma collettivo di sopravvivere.

Forse la risposta è che a Berlino sia più importante essere chi si vuole essere, piuttosto che fare ciò che si ha voglia di fare. L'essenza al di sopra della sostanza.

La città è straordinariamente banale e banalmente straordinaria, oppure no.

E ho ancora voglia di pizza.

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