di Franco Barbato
Distruggere un centro multiculturale e lasciare un'intera biblioteca sotto le macerie non è molto diverso da quando i militari bruciavano libri per strada, in qualsiasi dittatura del mondo. L'immagine è scoraggiante. Nel cuore della notte, hanno transennato le strade, la polizia è arrivata armata di macchinari pesanti per demolire un centro culturale. E hanno lasciato lì le macerie, come un nemico senza testa, perché l'intera comunità potesse vederle. Così colpisce il pugno di ferro della politica. Così dialoga con chi non capisce e si trova a disagio. Questa è la realtà e il suo monopolio sull'arte, la cultura e la morale. Ma non tutti ci credono. Perché anche se molti fanno resistenza: il Molino è cultura. In più è un pezzo di storia ticinese, e non lo dico io, visto che vivo qui solo da 7 anni. Poeti, pittori, musicisti, scultori, fotografi, ballerini e tanti altri creatori hanno potuto fare campionamenti, letture, dialogare con la comunità. Bene, noi intendiamo l'arte come un atto creativo, non come un prodotto di consumo appeso al museo di turno.
C'è vita oltre i freddi edifici e ci incontreremo di nuovo, ovviamente, ma quello che ci hanno fatto è imperdonabile. È terrorismo culturale. È un crimine a sangue freddo per i cuori dei sognatori e dei creatori di questa stessa città. E non lo dimenticheremo.
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