di Lia Galli
La poesia è sempre più in dialogo con altri linguaggi, mescolandosi con essi e dando vita a differenti prospettive da cui osservare gli spazi, le storie. Quando esce dalla pagina e si fa gesto, spostandosi nel tessuto urbano di un città, ne diventa allora parte integrante, dà vita a un dialogo con la città stessa, con il suo presente ma al contempo anche con il suo passato. Ogni quartiere di una città, infatti - e soprattutto i nuclei storici - racchiude nei propri mattoni e nel cemento, tutte le storie di chi l'ha attraversato. È anche su quelle storie sospese tra passato e presente che la poesia e l'arte possono allora intervenire, andando a recuperare una memoria collettiva e personale, filtrando in quegli interstizi dimenticati e facendosi, al contempo, sia catalizzatrici di storie sia protagoniste di una nuova narrazione. Arte e poesia, in questi casi, riescono a costruire un nuovo discorso su ciò che già esiste ed è esistito, fornendo al passante e al cittadino un nuovo sguardo su quegli spazi, permettendo di proiettare su una zona urbana una prospettiva differente che traccia una linea tra quello che è stato e quello che rimane.
L'estate scorsa, a Catania, è nato un progetto interessante che rientra pienamente in questa premessa. Si tratta di un'opera murale in cui arte e poesia si fondono, raccontando un pezzo della storia della città e ricongiungendolo con un frammento del suo presente. Non si tratta unicamente di questo, però, per quanto sia già molto, ma si tratta anche del tentativo di riqualificare un quartiere ridotto in macerie e poi percorso da storie diverse di disperazione.
Per capire meglio di cosa si tratta, abbiamo parlato con Grazia Previtera, che ha contribuito con il suo testo alla creazione di questo progetto apparso su un muro del quartiere San Berillo di Catania, grazie alla collaborazione con lo street artist aL:
"Questo murales può dirsi figlio di un percorso di "Poetry Street Art": azione artistico-poetica attraverso la quale si desidera donare bellezza ai muri sdruciti delle città.
La poesia S. Berillo-1943 è stata da me composta in piena pandemia, e di questa "guerra silente" porta addosso le cicatrici. Nell'estate 2021, grazie all'intervento dello street artist aL la poesia è stata donata allo storico quartiere San Berillo, sito nel cuore di Catania.
La storia di questo luogo è incredibile. Bombardato durante la seconda guerra mondiale, negli anni '50 è stato sventrato ed in larga parte mai più ricostruito. Tuttora è possibile attraversare le vie di San Berillo, imbattendosi in queste macerie dimenticate. Alcune case abbandonate sono alcove dove prostitute di ogni età, provenienza e sesso lavorano da tempi immemori. Talvolta ci si imbatte in giovani migranti, ombre scure dai sorrisi d'avorio: solcano le vie come saette nell'indifferenza di molti.
Ci si vende per qualche euro oppure si "spaccia" la morte per la vita.
In questa guerra dove non vince nessuno, la poesia diventa esigenza vitale: la memoria come antidoto all'oblio."
Poesia e arte come dono, come memoria, come mezzo attraverso cui dare nuova voce a un luogo. Grazia Previtera ci racconta anchelo spunto da cui nasce il testo - i bombardamenti sulla città durante la Seconda guerra mondiale - e di cosa tratta la poesia:
"Il testo dipinto in Via Pistone descrive l'istante in cui la morte piomba dal cielo sulla città di Catania, durante i bombardamenti del 1943.
In questi istanti di sirene e fragore la vita e la morte si sfiorano indissolubilmente.
Un giovane ragazzo cerca fra le braccia di una prostituta la potenza salvifica di Eros. L'orgasmo è " urlo di semenza" che esorcizza la paura di dissolversi.
Qualcuno muore, qualcuno resta.
Uno dei temi chiave della poesia, infatti, è la malinconia dei superstiti. La pandemia, come memento mori contemporaneo, ci ha imposto la riflessione sulla fragilità dell'essere umano, sulla "Barbara malinconia di restare al mondo"."
Ciò che resta, nonostante le perdite - e questo progetto lo dimostra - è sicuramente una malinconia, ma non solo, perché rimane anche la volontà di preservare la memoria e di "trasformare il dolore in bellezza", come direbbe Baudelaire.
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